UberGate

 

di Flavio Grisoli

 

Non c’è davvero pace per Uber, l’app che ha introdotto in maniera massiva – e forse un po’ aggressiva – il concetto di car sharing con autista in ogni angolo del mondo. Invisa ai tassisti e alle altre altre aziende del settore per i suoi modi comunicativi poco ortodossi, ora si apre un altro caso, che rischia di far definitivamente affondare una delle idee più geniali e remunerative dell’ultimo decennio. Ad una cena organizzata a Manhattan (New York), alla presenza di numerosi VIP e personaggi influenti, come l’attore Edward Norton e l’editore Arianna Huffington, il vicepresidente di Uber Emil Michael si è lasciato sfuggire che la società dovrebbe prendere in considerazione l’assunzione di un team di ricercatori per scavare nel passato dei giornalisti che parlano male dell’azienda. Successivamente, quando queste dichiarazioni sono state pubblicate dal portale BuzzFeed, lo stesso Michael ha dichiarato che queste parole non corrispondono in alcun modo al pensiero suo e quello della società. Va detto che la cena era assolutamente “off the records” cioè informale, però nessuno ha pensato di rendere particolarmente esplicita la cosa. Nel corso della serata, pare quindi che Michael abbia illustrato il concetto di spendere “un milione di dollari” per ingaggiare quattro ricercatori e quattro giornalisti per creare una squadra di “controinformazione”, per ripagare i media oppositori di Uber con la loro stessa moneta. In particolare, a quanto riportato da BuzzFeed, Michael sarebbe stato particolarmente duro con la giornalista del sito web PandoDaily Sarah Lacy, che aveva recentemente accusato Uber di “sessismo e misoginia”. Aveva infatti riportato che stava cancellando l’app Uber dopo aver scoperto che l’azienda collaborasse con un servizio di “escort” francese. “Non so di quanti altri segnali abbiamo bisogno di ricevere per capire che non rispettano la nostra sicurezza”, ha scritto Lacy. Alla cena, Michael avrebbe espresso la propria indignazione, e avrebbe detto che le donne hanno molta più probabilità di essere aggredite da dei semplici tassisti piuttosto che da autisti di Uber, aggiungendo che riteneva Lacy personalmente responsabile per ogni donna aggredita sessualmente dopo aver seguito il suo esempio di cancellare l’app Uber. In seguito, queste dichiarazioni sono state smentite dal portavoce di Uber Nairi Hourdajian, che in una mail ha scritto che mai Uber ha pensato di fare “controinformazione”. Ancora una volta, un grosso polverone intorno alla discussa app. E siamo sicuri che non finirà qui.

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