File illustration picture showing the logo of car-sharing service app Uber on a smartphone next to the picture of an official German taxi sign

Uber: i tassisti londinesi rispondono con il crowfounding

 

di Delfina Maria D’Ambrosio

 

I rapporti tra Uber e  i tassisti non sono mai stati, per usare un eufemismo, idilliaci. L’app, che permette di prenotare un’auto con conducente direttamente dallo smartphone, è finita nel mirino della categoria, causando proteste e polemiche. Ieri, addirittura, è stata diffusa la notizia di una donna aggredita a Milano da alcuni tassisti che l’hanno accusata di lavorare per Uber. La cubana trentaseienne è riuscita a scappare ed ha inoltre spiegato agli agenti di non aver nessun tipo di rapporto con l’azienda di San Francisco. Molto più civile. invece,  quello che è successo a Londra con il gruppo ‘Action for cabbies’ che ha scelto di raccogliere fondi per richiedere una revisione della concessione della licenza rilasciata ad Uber rilasciata nel 2012 dal Dipartimento dei Trasporti di Londra. Per trovare i soldi si sono quindi affidati a una campagna di crowfounding. Il gruppo, fondato da Artemis Mercer, moglie di un tassista, ha anche lanciato un allarme sicurezza spiegando che le auto di Uber non hanno assicurazioni adeguate e non sono controllate. Naturlamente, però, quel che più lede ai tassisti sono le tariffe che per l’azienda statunitense non sono regolamentate, incidendo pesantemente sulla concorrenza.

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Uber vale 62,1 miliardi

 

di Maurizio Elviretti

 

Nonostante le proteste dei tassisti di tutto il mondo, che hanno recentemente coinvolto anche il servizio trasporti di New York, Uber continua imperterrito la propria corsa: la società che gestisce l’applicazione ed il suo servizio, infatti, ha recentemente valutato il proprio valore in 62,5 miliardi di dollari. Tale cifra la pone persino al di sopra di alcune fra le più famose società automobilistiche del mondo: alla chiusura dei mercati di settimana scorsa, ad esempio, le capitalizzazioni di mercato di Ford e General Motors si posizionavano attorno ai 56,4 miliardi di dollari. Fra le società superate da Uber troviamo anche la giapponese Honda, mentre Toyota, Daimler, Volkswagen e BMW rimangono al di sopra delle auto nere del servizio di trasporti. Uber, comunque, non sembra intenzionato a fermare la propria avanzata: oltre a portare avanti i suoi servizi e ricerche per migliorare l’offerta (come quella sulle auto a guida autonoma), secondo Bloomberg la società sarebbe alla ricerca di altri 2,1 miliardi di investimenti, non paga dei 100 milioni di dollari che parrebbero essere stati stanziati da Microsoft.

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Mobilità: a Roma arriva la Linea U

 

di Delfina Maria D’Ambrosio

 

Sopperire ai limiti della mobilità urbana della Capitale, con un’iniziativa che porterà vantaggi a cittadini e turisti ma, specialmente, tanta pubblicità a chi l’ha ideata. Uber in occasione del Giubileo, che ha portato un comprensibile inasprimento dei toni sulla questione legata all’inefficienza dei mezzi pubblici capitolini, ha ideato la sua personalissima linea U, che riprende appunto l’iniziale dell’azienda. Se l’applicazione di trasporti ha avuto l’idea, ha permesso proprio ai romani di definirla, chiedendogli di votare online le fermate che avrebbero voluto vedere collegate da una nuova linea.  Detto, fatto: i punti scelti sono Piazza Euclide, Piazza Fiume, Piazza dei Cinquecento, San Giovanni, Piramide, Stazione Trastevere, Sant’Andrea della Valle, Castel Sant’Angelo e Piazza Mazzini. Il servizio sarà attivo da oggi, 10 dicembre, al 24 dicembre, dalle ore 8 alle 20. Il costo di una corsa è di 5 euro, risulta quindi sicuramente vantaggioso se si pensa che in più di tre persone si verrebbe a pagare meno del costo di un biglietto della metro.

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Il nemico alle porte

 

di Flavio Grisoli

 

Mentre impazzano sempre di più le proteste (dei tassisti, ora anche italiani, con manifestazioni a Torino, Genova, Milano e Roma), i dubbi (legislativi) e gli attacchi (di una parte della stampa), sta per arrivare un’altra grana, se possibile ancora più grossa, per Uber. La ormai famigerata app che consente di avere una macchina con autista “privato” sta battagliando da diverso tempo per sopravvivere, ma ora il nemico può essere molto più vicino, anzi. Uno dei suoi maggiori investitori, Google. Infatti, il braccio finanziario del colosso di Mountain View, Google Ventures, nell’agosto del 2013 aveva investito in Uber qualcosa come 258 milioni di dollari. A quel punto, è stato facile ipotizzare che Google potesse collaborare con Uber e, perché no, anche acquisirlo in un secondo momento. Un’altra prova fu l’ingresso di David Drummond, il capo dell’ufficio legale di Google, nel CdA di Uber nel 2013. Ora però ci sono segnali che le due società possano diventare acerrime concorrenti più che alleate. Google, infatti, si sta preparando all’introduzione del proprio servizio di car sharing, molto probabilmente all’interno del progetto a più ampio respiro dell’auto senza conducente. Drummond avrebbe informato il CdA di Uber di questa possibilità e, la fonte all’interno di Uber che rivela questi retroscena ha detto anche che i dirigenti di Uber stanno valutando se chiedere allo stesso Drummond di dimettersi per evidente conflitto di interessi. Google in questi anni non ha certo fatto segreto delle sue ambizioni di rivoluzionare il trasporto con veicoli a guida autonoma. Larry Page, ad di Google, ha più volte dichiarato di essere affascinato dalla possibilità di rendere le città più efficienti. Da Mountain View, oltretutto, fanno sapere che in massimo cinque anni saranno pronti alla diffusione delle auto senza conducente. Allo scorso Salone di Detroit, il responsabile del progetto Chris Urmson ha detto: “Stiamo pensando molto su come nel lungo termine, la mobilità senza conducente possa diventare utile alle persone, e ci sono molti modi in cui possiamo immaginarla. Per esempio, la mobilità condivisa. La tecnologia potrebbe essere tale che è possibile chiamare il veicolo e dirgli dove ti deve venire a prendere”.

Il vicepresidente di Uber Emil Michael

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di Flavio Grisoli

 

Non c’è davvero pace per Uber, l’app che ha introdotto in maniera massiva – e forse un po’ aggressiva – il concetto di car sharing con autista in ogni angolo del mondo. Invisa ai tassisti e alle altre altre aziende del settore per i suoi modi comunicativi poco ortodossi, ora si apre un altro caso, che rischia di far definitivamente affondare una delle idee più geniali e remunerative dell’ultimo decennio. Ad una cena organizzata a Manhattan (New York), alla presenza di numerosi VIP e personaggi influenti, come l’attore Edward Norton e l’editore Arianna Huffington, il vicepresidente di Uber Emil Michael si è lasciato sfuggire che la società dovrebbe prendere in considerazione l’assunzione di un team di ricercatori per scavare nel passato dei giornalisti che parlano male dell’azienda. Successivamente, quando queste dichiarazioni sono state pubblicate dal portale BuzzFeed, lo stesso Michael ha dichiarato che queste parole non corrispondono in alcun modo al pensiero suo e quello della società. Va detto che la cena era assolutamente “off the records” cioè informale, però nessuno ha pensato di rendere particolarmente esplicita la cosa. Nel corso della serata, pare quindi che Michael abbia illustrato il concetto di spendere “un milione di dollari” per ingaggiare quattro ricercatori e quattro giornalisti per creare una squadra di “controinformazione”, per ripagare i media oppositori di Uber con la loro stessa moneta. In particolare, a quanto riportato da BuzzFeed, Michael sarebbe stato particolarmente duro con la giornalista del sito web PandoDaily Sarah Lacy, che aveva recentemente accusato Uber di “sessismo e misoginia”. Aveva infatti riportato che stava cancellando l’app Uber dopo aver scoperto che l’azienda collaborasse con un servizio di “escort” francese. “Non so di quanti altri segnali abbiamo bisogno di ricevere per capire che non rispettano la nostra sicurezza”, ha scritto Lacy. Alla cena, Michael avrebbe espresso la propria indignazione, e avrebbe detto che le donne hanno molta più probabilità di essere aggredite da dei semplici tassisti piuttosto che da autisti di Uber, aggiungendo che riteneva Lacy personalmente responsabile per ogni donna aggredita sessualmente dopo aver seguito il suo esempio di cancellare l’app Uber. In seguito, queste dichiarazioni sono state smentite dal portavoce di Uber Nairi Hourdajian, che in una mail ha scritto che mai Uber ha pensato di fare “controinformazione”. Ancora una volta, un grosso polverone intorno alla discussa app. E siamo sicuri che non finirà qui.

Un'immagine di uno sciopero dei tassisti a Berlino

Uber Alles

 

di Flavio Grisoli

 

Uber è il celebre servizio che offre il noleggio di auto direttamente dal proprio smartphone che negli ultimi mesi è tornato alla ribalta della cronaca (e delle polemiche) anche nel nostro Paese, con i tassisti di Roma e Milano che hanno organizzato manifestazioni, proteste e scioperi contro la società della Silicon Valley accusandola di concorrenza sleale. In Germania però si è andati anche oltre: un tribunale di Francoforte ha stabilito che l’impresa non aveva le necessarie autorizzazioni di legge per operare secondo il diritto tedesco. Nella sentenza del tribunale tedesco si legge che il servizio low-cost “UberPop” non poteva più operare e prendere passeggeri. Pena, una salatissima multa. Dalla società di San Francisco fanno sapere che non hanno nessuna intenzione di fermarsi, aggiungendo che il divieto non è applicabile se è in corso il processo di appello: “Non si può mettere un freno al progresso – dicono dalla Uber – e noi continueremo le nostre operazioni e offerta di servizi di condivisione di tragitti attraverso la nostra applicazione UberPop in tutta la Germania”. Sostanzialmente, UberPop è stata lanciata all’inizio di quest’anno e coinvolge conducenti over-21 che mettono a disposizione le proprie vetture per il trasporto passeggeri. I tassisti tedeschi, i più attivi nella lotta alla Uber, definiscono questa applicazione come una forma di anarchia del capitalismo, sottolineando che i passeggeri non potrebbero essere coperti dall’assicurazione in caso di incidente. La portavoce di Taxi Deutschland, Anja Floetenmeyer: “In Germania non c’è assicurazione che si applica ai piloti privati. Se il vostro assicuratore viene a sapere che si sta guidando per una app e che ci si vuole guadagnare sopra trasportando altri passeggeri, non pagherà mai un’eventuale indennizzo per un incidente. Ma il portavoce di Uber in Germania, Fabien Nestmann, tramite un blog ha precisato che: “Tutte le nostre auto – e quindi tutti i viaggiatori – sono assicurati da Uber”. C’è un precedente in Europa che sorride all’azienda americana: le autorità dei trasporti di Londra decisero di non perseguire Uber nel giugno scorso, anche di fronte alle proteste dei tassisti che si appellano alla concorrenza sleale e che continuano a protestare nelle grandi città di tutta Europa.