di Delfina Maria D’Ambrosio
I rapporti tra Uber e i tassisti non sono mai stati, per usare un eufemismo, idilliaci. L’app, che permette di prenotare un’auto con conducente direttamente dallo smartphone, è finita nel mirino della categoria, causando proteste e polemiche. Ieri, addirittura, è stata diffusa la notizia di una donna aggredita a Milano da alcuni tassisti che l’hanno accusata di lavorare per Uber. La cubana trentaseienne è riuscita a scappare ed ha inoltre spiegato agli agenti di non aver nessun tipo di rapporto con l’azienda di San Francisco. Molto più civile. invece, quello che è successo a Londra con il gruppo ‘Action for cabbies’ che ha scelto di raccogliere fondi per richiedere una revisione della concessione della licenza rilasciata ad Uber rilasciata nel 2012 dal Dipartimento dei Trasporti di Londra. Per trovare i soldi si sono quindi affidati a una campagna di crowfounding. Il gruppo, fondato da Artemis Mercer, moglie di un tassista, ha anche lanciato un allarme sicurezza spiegando che le auto di Uber non hanno assicurazioni adeguate e non sono controllate. Naturlamente, però, quel che più lede ai tassisti sono le tariffe che per l’azienda statunitense non sono regolamentate, incidendo pesantemente sulla concorrenza.