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Renault Megane Grand Coupé: la prova

 

 

 

 

 

 

 

di Valerio Verdone

 

La Megane è una famiglia Renault che cresce e riporta in auge anche la figura della berlina a 3 volumi con la Grand Coupé, un’auto nata per offrire un’alternativa alla variante a 5 porti ed alla Sporter, visto che adesso le sedan stanno tornando in voga. Esteticamente si distingue per una silohuette allungata nella zona posteriore dove spiccano i montanti inclinati, da qui la denominazione Grand Coupé ed un accenno di spoiler sulla coda decisamente caratteristico così come le aperture nel paraurti posteriore. Non mancano dei cerchi in lega da 18 pollici che completano il quadro donando un aspetto sportivo alla vettura. Chiaramente, la zona anteriore è uguale a quelle delle altre Megane, ma è sempre molto affascinante per via delle luci a LED che si contraddistinguono per la firma luminosa C-Shape. Quindi l’auto è in tutto e per tutti come le sue sorelle fino al montante centrale, punto dal quale avviene la metamorfosi. L’abitacolo si distingue per la zona posteriore che offre grande spazio per le ginocchia, visto l’aumento di passo rispetto alla 5 porte, ma deve fare i conti con un tetto che si abbassa e può sfiorare la testa dei passeggeri di alta statura. Per il resto la plancia è la stessa della Megane che conosciamo, con una plancia ordinata, pochi comandi fisici, e il grande display verticale da 8,7 pollici del sistema multimediale R-Link 2. Si può cambiare la modalità di guida e variare il colore delle luci interne con il tasto Multisense, mentre il menù presenta diverse voci con le quali è bene familiarizzare a vettura ferma, ma consente di regolare praticamente di tutto. Chiaramente, vista la denominazione del modello, abbiamo preferito impostare il tutto in modalità Sport, con la strumentazione che diventa di un bel colore rosso. Una volta al volante sulla Gran Coupé si ritrova subito quel feeling e quella leggerezza della Megane di ultima generazione, capace di viaggiare per tanti chilometri senza stancare. Chiaramente, i cerchi da 18 pollici aiutano a rendere l’auto più stabile, ma l’assetto rimane comunque in grado di assorbire con tranquillità le asperità dell’asfalto. I 130 CV, ma soprattutto i 320 Nm di coppia massima, si sposano bene con il cambio manuale a 6 marce, ma un 1.6 diesel ancora più potente, come quello da 165 CV della sorella convenzionale non sarebbe stato male sotto il cofano della Grand Coupé. Ad ogni modo le prestazioni sono dignitose, con uno scatto da 0 a 100 km/h che si compie in 10,5 secondi ed una velocità massima di 201 km/h. Mentre i consumi rimangono da citycar, con 4 l/100 km dichiarati nel ciclo misto. La versione Energy Intens della nostra prova ha un prezzo di 26.500 euro: non male considerando la grande dotazione di serie che annovera il navigatore, i cerchi da 18 pollici e persino il tetto panoramico, tanto per citare alcuni tra gli accessori più importanti.

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Peugeot 3008 2.0 BlueHDi GT-Line: la prova su strada

 

 

 

 

 

 

 

di Valerio Verdone

 

La Peugeot cambia strada, radicalmente, e trasforma la sua 3008 in un SUV. Niente più crossover quindi, ma SUV, duro e puro, con un frontale alto ed una linea che attira subito gli sguardi. L’abbiamo provata con l’esclusivo allestimento GT-Line, abbinato alla motorizzazione 2 litri turbodiesel da 150 CV, che garantisce una velocità massima di 207 km/h ed un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 9,6 secondi. Non è la più veloce in gamma, ma tra le diesel è seconda solamente alla 2.0 da 180 CV con il cambio automatico. Comunque, la 3008 è un’auto che conquista subito per via del suo design da salone, tanto che ci si chiede se sia un modello definitivo o un concept per quanto è affascinante. Il cofano alto, la grande calandra, e poi i gruppi ottici a Led, e le tante cromature le conferiscono un’aria da dura ma anche uno stile audace. Un modo di interpretare l’estetica che ritroviamo anche al posteriore, dove spicca la fascia nera nella quale sembrano annegare i gruppi ottici. Se all’esterno la 3008 conquista, all’interno lascia stupefatti, sembra di essere su un’auto del futuro, di quelle che immaginavamo con la fantasia più sfrenata 30 anni fa. La strumentazione virtuale da 12,3 pollici cambia grafica al tocco di un pulsante sul volante, che poi è di soli 35 cm di diametro, mentre il sistema multimediale si comanda attraverso lo schermo touch da 8 pollici che consente di accedere alle voci principali attraverso i comodi pulsanti posizionati al centro della plancia. Un modo intelligente per non distrarsi troppo durante la guida, dove in un attimo possono succedere tante cose. Lo spazio è buono sia davanti che dietro, ed i materiali sono di ottima qualità, compresi quelli che originano dai pannelli porta per andare ad innestarsi sulla plancia. Ampio nonostante la linea il bagagliaio, con una capacità di carico di 520 litri che può arrivare fino a 1.482 litri. Al volante si percepisce tutto l’impegno degli uomini del Leone, visto che la 3008 è comoda e ben insonorizzata, ma, all’occorrenza sa mettere in mostra una verve da sportiva. Il 2 litri turbodiesel è forse la scelta motoristica più azzeccata, visto che la coppia di 370 Nm, consente di spostare agevolmente una massa che, seppur ridotta di 100 kg, supera sempre i 1.500 kg. Ne consegue che il volante impartisce rapidamente gli ordini alle ruote anteriori, che il cambio si manovra con sufficiente rapidità, e che le ruote da 18 pollici garantiscono un appoggio sicuro. Insomma, la 3008 viaggia che è un piacere e con i sedili massaggianti assicura un confort da prima classe, e poi ti vizia con il profumatore, ti coccola con le luci ambientali e non fa rimpiangere le concorrenti di stampo premium. Certo, tutto questo si paga, precisamente 33.900 euro, ma la dotazione è di quelle ricche, la motorizzazione è una delle più potenti in gamma e si ha il vantaggio di viaggiare su un’auto che sta ridefinendo gli standard della categoria.

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Ford Mustang: la prova della 5.0

 

 

 

 

 

 

 

di Valerio Verdone

 

Se la Ford Mustang è stata capace di scalzare nella classifica delle vendite tedesche anche auto del calibro di Porsche, è il segno che la muscle car americana ha fatto breccia anche nel cuore degli automobilisti del Vecchio Continente. Infatti, il prezzo inferiore ai 50.000 euro, la possibilità di mettersi in garage la mitica V8 5 litri e l’opportunità di acquistare anche la 4 cilindri 2.3 sovralimentata, hanno pesato e molto sul suo successo. Se poi ci aggiungiamo una linea decisamente riuscita e, finalmente, delle sospensioni multilink al posteriore, ecco che il quadro è completo. La 5.0 della nostra prova, identificata dal logo GT al posteriore e dalle scritte lungo i passaruota anteriori, rossa e con i grandi cerchi neri, faceva a dir poco paura, con un muso sconfinato, un posteriore caratterizzato dai montanti che scendono in maniera prepotente e poi ancora i fari a LED e l’estrattore. Con il grande volante tra le mani è un attimo sentirsi Steve McQueen, e ritrovarsi d’un tratto negli inseguimenti del film Bullit, lì recitava la sua antenata, oggi la scena è tutta per la Mustang 3.0 che, comunque, non ha dimenticato le sue origini. Il V8 ha voce roca e possente, il cambio manuale a 6 rapporti è per guidatori veri, e anche il retrotreno su cui grava solamente il 46% del peso. Quindi, i 421 CV e 530 Nm di coppia possono dar vita a prepotenti derapate se ci si priva dell’elettronica e si tenta di domare la Mustang in circuito. Ma è proprio questo l’aspetto intrigante della brucia semafori americana: la possibilità di essere guidata come una supercar senza filtri. Ad ogni modo, il consiglio è quello d’indossare un giubbetto di pelle, possibilmente nero, dei jeans, occhiali da sole, e trovarsi una strada di quelle indimenticabili, perché la Mustang è un’auto tutta da guidare, da capire, da vivere, vuole grandi spazi e trasmette emozioni che solo poche auto sanno dare ad un costo decisamente ragionevole. E’ la quadratura del cerchio? Forse no, ma poco ci manca!

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Renault Captur 1.5 dCi Hypnotic EDC: la prova

 

 

 

 

 

 

 

di Valerio Verdone

 

La Renault Captur è una delle protagoniste assolute nel mercato dei SUV di segmento B, per via di una linea originale, e di un fascino difficile da contrastare. Abbiamo guidato la variante Hypnotic, abbinata al motore 1.5 dCi ed al cambio a doppia frizione EDC per capire come va. All’esterno spicca subito l’assenza delle cromature, il che rende l’insieme decisamente più aggressivo; chiaramente, le forme sono le stesse delle altre varianti, ma la verniciatura bicolore ed i cerchi da 17 pollici diamantati, insieme ai vetri scuri, rendono il look più cattivo ed intrigante. Comoda per 4 persone, presenta un interno in cui la strumentazione è pratica e facilmente consultabile, e nel quale il sistema R-Link Evolution con tanto di cartografia europea, fa decisamente un bella figura, oltre ad essere rapido ed immediato nel funzionamento. Non manca, nella dotazione di serie, la retrocamera, che è sempre utile viste le forme affusolate della zona posteriore. Ma l’elemento che balza subito all’occhio è la leva del cambio automatico a doppia frizione EDC, che regala una guida decisamente migliore in città. Pur avendo 90 CV e 220 Nm di coppia massima, il 1.5 della Captur Hypnotic spinge forte, aiutato, non poco, dalla trasmissione che lo mantiene sempre pronto e consente di sfruttare ogni cavallo a disposizione. Così, non si avverte la necessità di avere una maggiore cavalleria, e la guida, utilizzando la leva del cambio in modalità manuale, risulta persino divertente. La notizia positiva è che i consumi dichiarati sono decisamente bassi, si parla di appena 3,8 l/100 km. Per averla sono necessari 23.000 euro, ma stiamo parlando praticamente della top di gamma, anche se l’esemplare del nostro test, con una lista corposa di accessori, che contiene anche l’Extend Grip con pneumatici All Season, per cavarsela anche su fango e neve, ha un costo di 25.000 euro.

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Toyota Aygo x-pure: la prova

 

 

 

 

 

 

 

di Valerio Verdone

 

Tra le citycar è una della più originali in assoluto, stiamo parlando della Toyota Aygo, che abbiamo avuto modo di provare nella variante x-pure, dotata di diversi accessori e di un’accattivante colorazione Cool White. Esteticamente, si riconosce subito per quel frontale con la X anteriore che ricorda tanto una sneaker, per l’andamento originale delle superfici vetrate laterali e per quei gruppi ottici posteriori che fanno tanto manga. Anche l’interno è estremamente personale, con la strumentazione concentrica, e la parte centrale della plancia in cui spicca il display del sistema d’infotainment e l’originale comando della climatizzazione. Particolare anche la forma delle bocchette d’areazione, mentre il cruscotto è impreziosito nella zona centrale da un trattamento differente. L’abitabilità anteriore è molto buona, ma la vivibilità della zona posteriore dipende anche dalla mole dei passeggeri anteriori. Il bagagliaio da 168 litri ha una capienza che è utile soprattutto in città, ma abbattendo il divano posteriore la capacità di carico arriva a 780 litri. Al volante, il 1.0 a 3 cilindri, con i suoi 69 CV, offre delle discrete prestazioni e degli ottimi consumi, visto che l’Aygo si accontenta di 4,1 l/100 km e tocca i 160 km/h, accelerando da 0 a 100 km/h in 14,2 secondi. In città è agile, grazie al passo corto, ma anche fuori dalle mura cittadine se la cava bene, per via di una stabilità da vettura di segmento B.  Nell’esemplare provato, il propulsore era abbinato ad un cambio manuale a 5 marce, ma, volendo, con 750 euro in più, si può avere anche la trasmissione automatica. La vettura del nostro test, con cerchi in lega da 15 pollici, coprimozzi bianchi, inserti silver sui paraurti, telecamera posteriore, fendinebbia, sensore luce, retrovisori ripiegabili e riscaldabili elettricamente, clima automatico, pulsante d’accensione, luce nel bagagliaio e la vernice Cool White, tutti accessori di serie, ha un prezzo di 14.000 euro, e l’unico optional che fa crescere il listino è rappresentato dai lussuosi interni in pelle.

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Dacia Lodgy Laureate Family: la prova

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Valerio Verdone

 

Ci sono auto pensate per la famiglia, per il tempo libero, e per caricare tutto ciò che si desidera senza rinunce, poi c’è la Dacia Lodgy, che affianca a queste caratteristiche un prezzo d’acquisto favorevole e la possibilità di trasportare fino a 7 passeggeri. Esteticamente, l’auto risente della sua destinazione d’uso, quindi le proporzioni sono studiate per favorire l’abitabilità e la capacità di carico, anche se la lunghezza, tutto sommato, non è poi così eccessiva come si potrebbe pensare, visto che equivale a 4,49 m; piuttosto è l’altezza, di 1,68 m, a pesare sulle forme. Comunque, l’immagine del frontale, con la grande calandra Dacia al centro, e, soprattutto del posteriore, con i gruppi ottici specifici, la rendono originale per il genere di vettura. Tutta la fantasia dei designer, sacrificata sull’altare della praticità, si ritrova all’interno, con uno spazio senza pari, quasi sconfinato, e la possibilità di avere un bagagliaio che va dai 207 litri fino ai 2.617 litri. Per il resto, troviamo una plancia dove spiccano le cromature della strumentazione, il sistema d’infotainment Media Nav Evolution e lo specchio supplementare per controllare i bambini seduti nel divano posteriore. Su strada, la Lodgy, spinta dal motore 1.5 dCi da 110 CV, si comporta bene, anche se l’assetto turistico ne consiglia un uso non troppo spinto, ma basta anticipare le manovre di uno sterzo più progressivo che pronto e il gioco è fatto: gli appoggi sono sicuri e si può viaggiare per tanti chilometri visto che i consumi dichiarati sono di appena 4 litri per 100 km. Comunque, le prestazioni sono di tutto rispetto, considerato che il peso non è eccessivo, 1.262 kg, e che lo scatto da 0 a 100 viene coperto in 11,5 s e la velocità massima è di 177 km/h. Il prezzo della “nostra” versione, la Laureate Family, è di 15.200 euro, ma presenta una dotazione di serie che annovera il sistema d’infotainment Media Nav Evolution, i sensori di parcheggio e le barre sul tetto. Nella lista degli optional invece, troviamo i cerchi in lega da 16 pollici, la retrocamera, la cartografia europea del navigatore, i vetri elettrici posteriori, il volante in cuoio e la cappelliera removibile.

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Peugeot 208 GTI Nove: la prova

 

di Valerio Verdone

 

La Peugeot 208 GTI Nove è la vettura celebrativa dei nove successi nel C.I.R. ovvero il campionato italiano rally, che la Casa del Leone ha conquistato negli anni. Questa one-off, realizzata per seguire la squadra corse durante i weekend di gara, è firmata da Paolo Andreucci e Anna Andreussi, pilota e navigatrice, campioni italiani in carica, che, con il loro carico di simpatia e la loro bravura, tengono alto il nome Peugeot anche nel 2016. L’auto è decisamente particolare, a partire dalla livrea bicolore, bianca e nera, con la fascia dei colori Peugeot Sport che s’interpone tra le due tinte principali, i colori racing della Casa del Leone sono riproposti anche nel frontale, mentre sulle calotte dei retrovisori e nelle sigle identificative del modello troviamo il richiamo alla bandiera tricolore italiana. Altre chicche sono rappresentate dai cerchi O.Z. da 18 pollici, che nascondono dischi dei freni anteriori da 323 mm di diametro e 28 mm di spessore con tanto di pinze rosse, e dallo scarico con terminali griffati Supersprint. Infatti, la nota azienda ha realizzato uno scarico specifico che si sposa con un motore rivisto nella centralina, al fine di garantire una potenza di quasi 240 CV. Un valore a dir poco generoso su un’auto del genere, che comporta anche un assetto più basso di 10 mm e carreggiate allargate all’anteriore di 22 mm ed al posteriore di 16 mm. Una volta saliti a bordo, si comprende la mission di questa vettura, ovvero legare il più possibile il mondo delle auto di serie con quello delle auto da competizione. Infatti, a parte il logo Nove, con tanto di firme Ucci ed Ussi, presenti sullo schienale dei sedili, sui tappetini e sulla parte bassa del volante, così come sui montanti posteriori all’esterno, è l’alcantara a farla da padrone, con tanto di accoppiata bicolore nero-grigio, sulla plancia, sui sedili e sul volante. Completano il quadro i tappetini rossi e il punto zero sul volante realizzato con i colori da competizione di Casa Peugeot. Una volta avviato il motore, è il sound che fa tremare l’abitacolo e sembra veramente di essere su un’auto da rally. Dopo tutto, lo scatto è fulmineo, l’erogazione della potenza muscolosa e corposa, e in un amen si raggiungono velocità da ritiro della patente, meglio provarla in pista per stare più sicuri, o su una strada chiusa al traffico, come su una vera prova speciale. Manca il roll-bar interno e per guidarla non serve la tutta d’ordinanza, così come le cinture da competizione, infatti ci sono quelle di serie, ma si capisce in fretta perché sui montanti esterni sono riportati i numeri delle vittorie ottenute nei C.I.R. Quest’auto è speciale, unica, e siamo fortunati a provarla, visto che è raro avere l’occasione anche d’incrociarla su strada; ogni viaggio sembra un trasferimento tra una prova cronometrata e l’altra e le firme di Andreucci sulla maniglia interna anteriore sinistra e Andreussi su quella destra sono lì a ricordarci, ogni volta che saliamo a bordo, che siamo al volante di un oggetto di culto. Una volta avviata è difficile scendere, anzi si cerca sempre un pretesto per fare altra strada, ma, soprattutto, altre curve.

Suzuki Baleno, piccola e leggera ma con carattere da grande

Suzuki Baleno: la prova

 

di Filippo Gherardi

 

La scorso 23 Marzo siamo intervenuti anche noi, a Peschiera del Garda, alla presentazione stampa della nuova Baleno, la compatta di segmento B appena lanciata sul mercato, dopo l’anteprima al Salone di Francoforte 2015, dal marchio Suzuki. Un progetto ambizioso, in una nicchia di mercato dove difficoltà e concorrenza di certo non mancano e nel quale il marchio nipponico prova il colpaccio con la prima SHVS (Smart Hybrid Vehicle) della sua storia introdotta tra i confini europei. Lunga 4 metri e con una massa complessiva di 940 Kg, la nuova Baleno si caratterizza per un pentagramma di primati. Detto del primo esempio europeo di veicolo smart a propulsione ibrida firmato Suzuki, si tratta anche della prima vettura ad adottare il nuovo sistema di strumentazione MyDrive con schermo da 4,2″, la prima a proporre in gamma (tra due mesi) un propulsore 3 cilindri Boosterjet e la prima ad essere stata ideata dal Centro Stile Suzuki di Torino. Ultima in ordine, ma decisamente non per importanza, è stata anche la prima vettura di casa Suzuki ad aver venduto, sul mercato asiatico, più di 100.000 unità nei primi 5 mesi dal suo esordio. Forme tipiche di una compatta, sobrie ma al tempo stesso eleganti, abitabilità interna quasi sorprendente ed una capacità di carica che si traduce nei 355 litri di un bagagliaio leader nel proprio segmento. Il motore di riferimento, in attesa come detto del Boosterjet da 112 CV, è il 1.2 benzina Dualjet da 90CV, disponibile anche nella declinazione micro-ibrida ed abbinato di serie al cambio manuale a 5 rapporti, con la soluzione del cambio automatico CVT riservata alla versione top di gamma. Tre gli allestimenti: B-Easy, B-Cool e B-Top, con quest’ultima che mette a disposizione del cliente, in termini di sicurezza, anche il Radar Brake Support, un sistema di assistenza alla guida che supporta la frenata automatica di emergenza e anche il cruise control adattivo. Nove differenti colorazioni per la carrozzeria esterna, mentre sempre in termini di cifre per quel che riguarda i prezzi si parte dai 14.100 euro della versione B-Easy e si arriva fino ai 16.600 euro di quella B-Top, passando dai 15.100 della B-Cool e considerando un aumento di 1000 euro per ciò che riguarda la versione ibrida e di 1500 per quella con cambio automatico. Attenzione comunque alle offerte in fase di lancio, con sconti iniziali che variano tra i tre e i quattro mila euro a seconda dell’allestimento. Una rivoluzione tecnica, stilistica e comunicativa la nuova Suzuki Baleno, attraverso un cambiamento profondo che riguarda tanto il Target di Comunicazione quanto la Gamma Prodotti e la Rete vendita del marchio giapponese. All’interno di un piano industriale che prevede da qui al 2021 il lancio di almeno un nuovo modello per anno e forte di numeri incoraggianti che hanno permesso, nel 2015 appena trascorso, di certificare una crescita di oltre il 17% in Italia del brand, grazie soprattutto all’ottimo impatto sul nostro mercato dell’ultimo restyling in ordine di tempo di Vitara.

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Peugeot 208 GTi: la prova

 

di Filippo Gherardi

 

Approfittando di una splendida giornata di sole, e di un motore 1.6 turbo benzina da 200 CV, abbiamo deciso di trascorrere una mattinata intera tra le curve del circuito dell’ISAM (Istituto Sperimentale Auto e Motori) di Anagni al volante della Peugeot 208 GTi. La versione più sportiva e prestazionale della compatta francese si conferma tanto discreta nelle forme quanto, al contrario, grintosa e dinamica quando si permette al suo propulsore di esprimersi a pieni giri. Partendo dalle prime, se escludiamo il mini spoiler sopra il lunotto posteriore, lo scarico sdoppiato, i cerchi da 17″ disponibili anche color nero lucido e la mascherina cromata al pari di maniglie e specchietti retrovisori, per il resto tutto o quasi passerebbe inosservato. All’interno, la plancia rivestita in pelle con sottili inserti rossi abbina eleganza ad un DNA chiaramente sportivo, le sedute (anch’esse in pelle con fascia centrale in tessuto ndr) rimangono comode ed avvolgenti, lo schermo touch da 7″ semplice e pratico da utilizzare. Disponibile solo nella versione 3 porte, l’abitabilità riprende comunque quella classica delle altre versioni di 208, con un divano posteriore in grado di ospitare comodamente una coppia di adulti. La capacità di carico del bagagliaio parte dai 285 litri della configurazione base, ed arriva fino ai 1076 litri che si ottengono reclinando le sedute posteriori. Il motore come detto è un 1.6 benzina THP da 200 CV, rumoroso quel tanto che basta, scattante ed abbinato ad un cambio manuale a sei rapporti. La velocità massima dichiarata tocca i 230 km/h, l’accelerazione da 0 a 100 non supera i 6,8 secondi. Il volante dalle dimensioni ridotte (largo 35 ed alto 32 cm) ne esalta la maneggevolezza e la rende particolarmente adatta anche ai contesti cittadini, con un diametro di sterzata di 10,7 metri. Disponibili anche retrocamera, sensori di parcheggio, controlli elettronici di trazione e stabilità, sei airbag, cruise control con limitatore di velocità e fendinebbia. I consumi in città sono dichiarati sui 12,2 km/litro mentre in percorsi extraurbani si arriva a 21,3 km/litro, il prezzo di listino invece è di 21.950 euro.

TOP FOTO Toyota Prius+

Toyota Prius +: la prova

 

Di Federico Gianandrea de Angelis

 

Se in ordine cronologico la nostra ultima prova fatta era a bordo della Auris, stavolta siamo rimasti in terra giapponese, sempre in casa Toyota, per testare e salire sulla nuova versione della Prius+. Lanciata nel 2012, fu la prima monovolume ibrida a sette posti venduta in Europa, ed ora torna aggiornata nello stile, nella tecnologia e con un nuovo powertrain omologato Euro 6. Negli USA. è più nota come Toyota Prius V dove la V sta per versatilità, visto che si può facilmente passare dalla configurazione a cinque posti a quella a sette, in una macchina dedicata a chi vuole allo stesso tempo confort di marcia e consumi ridotti. Va detto che dopo il successo della Prius, l’ibrida per eccellenza, Toyota decise di estendere la sua gamma di vetture con propulsione ibrida in vari segmenti di mercato senza però ottenere il successo sperato in Italia, ed è proprio attraverso questo restyling che si cercherà di acquisire una clientela che vada oltre quella dei tassisti, settore con più richieste per la Prius. Rispetto al modello base, la Prius+ si presenta con dimensioni maggiorate, pari a 4.645 mm di lunghezza, 1.775 di larghezza e 1.575 di altezza; vedendola da fuori risalta immediatamente il frontale KEEN LOOK tipico di tutte le ultime Toyota, sul quale troviamo una nuova griglia e lo stemma con effetto tridimensionale per dare maggior risalto ai proiettori con luci diurne a LED e agli indicatori di direzione integrati. Sono integrati anche i fari fendinebbia nella parte inferiore del paraurti, che ora mostra un disegno molto più aerodinamico ed attento all’impatto della vettura con l’aria, in modo che il flusso sia omogeneo nel momento in cui entri in contatto con la carrozzeria e si eviti un’alta rumorosità. Anche nel posteriore troviamo degli inediti gruppi ottici e delle linee più semplici per il paraurti con diffusore integrato, ma ciò che più colpisce nel retro è l’aumentata capienza del bagagliaio: con sette persone a bordo il volume di carico risulta di 200 litri, mentre abbassando i sedili e scegliendo la configurazione cinque posti si arriva addirittura a 535 litri. Tra le dotazioni esterne, che cambiano a seconda del tipo di allestimento (Active, Lounge e Style), segnaliamo il tetto panoramico, i vetri posteriori oscurati, i cerchi in lega da 16 o 17’’ e l’introduzione di due nuove colorazioni per la carrozzeria: il Dark Sherry Metallice l’Attitude Black Mica. Passando agli interni, entrando si notano subito i sedili in pelle E-Tec ma anche un abitacolo che ha mantenuto la stessa impostazione del precedente modello, ossia con la strumentazione sempre posta al centro della plancia, con quest’ultima che però mostra delle nuove finiture lucide e cromate. Sul modello base della nuova Prius+, quello con allestimento Active, c’è il display TFT da 4,2 pollici su cui viene visualizzato lo stato del sistema ibrido, il cruise control adattivo, l’audio e il clima, tutto controllabile dal volante. Sugli altri allestimenti, in particolare sul top di gamma Style che noi abbiamo provato, c’è anche una schermo più grande (6,1’’) con funzione Mirroring e sistema di infotainment Toyota Touch 2, il quale garantisce piena connettività con gli smartphone, hotspot wi-fi, e monitora il traffico in tempo reale con la Street View; comprende inoltre i sensori di parcheggio, il sistema di navigazione e soprattutto il Park Assist con telecamera posteriore. Di certo non manca la sicurezza sulla nuova Prius+, perché oltre ai sette airbag, tra cui quelli per il passeggero, per le ginocchia del conducente e per la testa, troviamo atri dispositivi come il monitoraggio della pressione degli pneumatici, i poggiatesta anteriori attivi (sistema WIL), e i sensori crepuscolari e per la pioggia. Sempre per rimanere su questo tema ma spostandoci leggermente sulla guida, segnaliamo il Pre Crash Safety che frena in automatico in casi di emergenza e rimane comunque attivo fino alla velocità di 60 km/h. Come detto inizialmente, questa è una vettura per chi ama il piacere di guida, ed è proprio per questo che sono state modificate le sospensioni, fornendo maggiore agilità alla macchina, e che sono stati inseriti dei materiali fonoassorbenti per rendere il mezzo ancor più silenzioso. Effettivamente quando si preme l’acceleratore da fermi non si sente alcun rumore, praticamente non ci si accorge di esser partiti, e ciò perché all’avvio viene utilizzata esclusivamente la componente elettrica del sistema ibrido: aggiornato per rispettare la normativa Euro 6 sulle emissioni inquinanti, è composto da un motore 1.8 benzina da 99 CV e da un unità elettrica con batteria agli ioni di Litio da 81 cv, per un totale di potenza di 136 cavalli. Una delle novità maggiori è l’inedita trasmissione brevettata Hybrid Sinergy Drive, che unita al peso minore e alle linee d’aria aerodinamiche permette livelli di emissioni ai vertici di categoria, pari a 95 grammi di CO2 per chilometro. Ovviamente non stiamo parlando di una sportiva e le prestazioni lo dimostrano, la velocità massima di 165 km/h e l’accelerazione da 0 a 100, tuttavia buona, in 11,3 secondi vengono però compensati dalla percorrenza: 1098 km con un solo pieno. Prima di terminare la nostra prova, abbiamo anche dato un’occhiata ai prezzi della nuova Prius+, ovviamente diversi a seconda dell’allestimento: il “nostro” Style ha un costo di 36.200 euro, si scende poi con il Lounge a 33.500 euro e si chiude con l’Active a 31.900 euro, ma ricordiamo che per tutto il mese di ottobre su quest’ultimo ci sarà una promozione che ne farà scendere il prezzo a 28.950 euro.