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Numeri all’italiana

 

di Filippo Gherardi

 

Arriverà il momento in cui i numeri, quelli che contano davvero, torneranno ad essere un alleato anziché un nemico. Intendiamoci, per sorridere e per considerare il peggio passato bisognerà ancora attendere un po’ di tempo, lavorare molto (chi di dovere) ed affidarsi a statistiche più definitive, ma nel frattempo giusto “accontentarsi” di valutare e riferire dati indicativi per il mercato italiano delle quattro ruote e per i suoi consumatori. All’apertura del Automotive Dealer Day di Verona il direttore generale di Quintegia, la società che studia le dinamiche della distribuzione auto, ha riconosciuto che malgrado la crisi e malgrado il fatto che il mercato stia sensibilmente cambiando i suoi confini geografici, con paesi come (nell’ordine) Cina, Brasile e Russia che rappresentano delle nuove ed emergenti frontiere, l’automobile in’Italia rimane un fattore rilevante. Merito, almeno apparentemente, di un impulso che è figlio delle continue novità tecnologiche introdotte e di un insieme di valori e servizi fino a qualche tempo fa davvero inimmaginabili. L’Italia ha chiuso il 2013 al dodicesimo posto nella classifica mondiale per numero di immatricolazioni, ma il dato che vale la pena mettere ancor più in risalto è quello delle 690 auto (e veicoli commerciali) ogni 1000 abitanti, che pone il nostro paese ben oltre la media mondiale, ferma a 170, e quella europea, che non supera le 563 unità. Gli italiani continuano ad investire sulle automobili quindi, malgrado, sempre numeri alla mano, continuino a tagliare sui consumi dei carburanti. Anche in questo caso ci si affida ai dati diffusi, e nello specifico da parte del Centro Studi Promotor. Il 2013 si era chiuso con un taglio complessivo, rispetto al periodo antecedente alla crisi economica (2007 ndr), del 20,9%, e la tendenza anche in questo primo quadrimestre del 2014 sembra essere pressoché la stessa. Un’ulteriore riduzione dell’1,8% nell’utilizzo di benzina e gasolio, che ha portato ad una diminuzione della spesa complessiva, in questo stesso periodo temporale, di 934 milioni. Gli italiani, nei primi quattro mesi del 2014, hanno fatto registrare una spesa complessiva di 19,518 miliardi, esattamente il 4,6% in meno rispetto a quella registrata nello stesso periodo di un anno fa. Per qualcuno la logica conseguenza di questi numeri, e forse anche la possibile soluzione per risollevarli, dovrebbe essere quella di ridurre la tassazione (record) dei carburanti. Staremo a vedere se anche chi dovere la penserà allo stesso modo.

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Strabugie di mercato

 

di Germana Condò

 

Il mercato dell’auto è in crisi da qualche anno e la situazione, soprattutto in Italia, non accenna a migliorare. Per questa ragione l’acquirente, nella scelta della sua nuova  automobile, che necessariamente rispecchierà i suoi gusti a livello estetico, si troverà a studiare sempre più attentamente le caratteristiche tecniche, valutando aspetti altrettanto importanti quali i consumi ridotti, le prestazioni e le emissioni di cO2 (dato questo a cui non eravamo così sensibili fino a qualche tempo fa). Questo gli consentirà di affrontare la spesa con la coscienza a posto, perché avrà ridotto notevolmente il budget familiare consumando meno carburante, con un occhio di riguardo anche per l’ambiente. Fino a che punto per sottoporre un’auto a questo tipo di valutazioni ci possiamo affidare ai dati diffusi dalle case produttrici? Da uno studio effettuato dal gruppo “Transport & Environment”, risulterebbe che tali dati non corrisponderebbero pienamente al vero. I numeri relativi ai consumi e alle emissioni rilasciate verrebbero di gran lunga alterati dalle case nella fase dei test di collaudo dei veicoli. La T&E sottolinea come questi test, riferendosi in particolare al Nedc (New European Driving Cycle), siano antiquati rispetto alle auto di oggi e quindi non si possa valutare attraverso quei parametri il comportamento di un veicolo di nuova generazione. In più si è scoperto che le case produttrici utilizzerebbero tutti gli escamotage più creativi per mettere l’auto in condizioni di peso e di attrito ottimali per superare i test con risultati che in condizioni di utilizzo normali (su strada) non si ripeteranno mai più. Si usa il nastro adesivo per sigillare tutte le fessure e ridurre la resistenza all’aria, si gonfiano al massimo gli pneumatici o se ne utilizzano di particolari, si può regolare il freno per ridurre l’attrito tra disco e pastiglia, si alleggerisce il peso eliminando tutti gli accessori di serie. C’è anche da dire che i test in Europa vengono effettuati direttamente dalla casa, in presenza delle preposte istituzioni che ne certificano l’esito, non sono quindi misurati in maniera univoca attraverso uno stesso banco di prova. È così previsto un margine di tolleranza nella rilevazione dei valori scaturiti da strumenti di misurazione differenti tra loro. I valori che emergono da un test effettuato in queste condizioni, su auto camuffate attraverso tutti i piccoli accorgimenti sopra elencati, che verranno poi diffusi dalle case produttrici come dati ufficiali, sono lontanissimi dalla realtà. Nell’utilizzo su strada di una vettura, risulterà che il consumo effettivo e le emissioni di cO2 saranno mediamente superiori di circa un 25% rispetto ai dati ufficiali. Dal punto di vista etico appare inaccettabile ma sembra che le case agiscano entro i limiti che la legge consente. La verità è che si rimane sorpresi e ci si sente truffati sapendo che truccare le auto per alterare i test che dovrebbero stabilire dei valori ufficiali è consentito. Di chi o di che cosa il consumatore potrebbe ancora fidarsi? La questione sta facendo un gran rumore in tutta Europa, meno in Italia. Questo perché in altri paesi il consumatore è maggiormente tutelato. Nel caso specifico, in Germania, è previsto che attraverso una procedura (un po’ lunga e dispendiosa a dire il vero), chi abbia acquistato un’auto che riveli un consumo maggiore del 10% rispetto al dichiarato, la possa riconsegnare dopo le opportune perizie. In Italia questo è impensabile, semmai il Codice del Consumo prevede il diritto a richiedere sul veicolo una riparazione che lo renda conforme ai parametri corrispondenti o tramite sostituzione o risoluzione del contratto. È evidente che si tratti di una battaglia dai risvolti quasi inevitabilmente giudiziari che, considerando tempi e costi, nessuno si sente di affrontare, oltretutto combattendo contro giganti. Altra categoria a rischio imbroglio è quella dell’elettrico. “Zero emissioni” sono i dati diffusi per le auto guidate esclusivamente in modalità elettrica. Lo studio della T & E dimostra come paradossalmente la tecnologia pubblicizzata come la scelta più rispettosa per l’ambiente, possa condurre ad una produzione ancor maggiore di fattori inquinanti per il pianeta. Non è certo che l’energia utilizzata per ricaricare l’auto non provenga da fonti fossili pesantemente emissive. Nel caso in cui nel corso degli anni la propulsione elettrica si diffondesse in maniera esponenziale, la  richiesta  di energia necessaria per la ricarica non sarebbe più sufficiente e bisognerebbe reperire nuove fonti energetiche, magari ricorrendo al nucleare.