SBK

SBK, quante sorprese a Silverstone

 

di Filippo Gherardi

 

Nona tappa stagionale, a Silvertsone, per il mondiale Superbike. Si torna in pista dopo il week end, tragico, del Gp di Mosca che ha visto la morte di Andrea Antonelli nella categoria Supersport. Si parte dalla giornata di sabato e dalla Superpole che è andata, per la prima volta in questa stagione, all’irlandese dell’Aprilia Eugene Laverty, poi però, nel corso delle due gare domenicali, la musica è cambiata per la scuderia italiana. In Gara 1 vittoria, anche in questo caso la prima stagionale oltre che l’undicesima in carriera, per il britannico di casa Honda Jonathan Rea, davanti proprio ad Eugene Laverty e ad un altro pilota britannico: Leon Camier del Team Suzuki. Quarto posto per Sylvain Guintoli, nono per Marco Melandri e soltanto undicesimo per Tom Sykes. Gara 1 pesantemente condizionata dalle condizioni, variabili, del tempo, lo stesso che sembra stabilizzarsi in prossimità dell’inizio di Gara 2. In questo caso a trionfare è il centauro transalpino Loris Baz della Kawasaki (che dedica il successo proprio al compianto Antonelli ndr), davanti al connazionale Jules Cluzel su Suzuki. Completa il podio ancora una volta Eugene Laverty, tutto sommato il migliore dei “top drive” nel week end di Silverstone. Quarto il vincitore di Gara 1 Jonathan Rea, davanti a Leon Camier e Sylvain Guintoli. Delude ancora il beniamino di casa Tom Sykes, settimo, così come Marco Melandri, nono anche in Gara 2. Nella classifica mondiale Guintoli si conferma in testa con 262 punti, secondo Sykes a 249, terzo Laverty a 226 e quarto Melandri a 221.

Editoriale

Andrea e gli altri

 

di Filippo Gherardi

 

Andrea Antonelli avrebbe compiuto ventisei anni il prossimo gennaio, sognava un futuro tra i big, almeno della Superbike, prima che il destino interrompesse bruscamente la sua corsa sull’asfalto, bagnato, del Moscow Raceway. L’ennesima tragedia di un universo, quello dei motori, bello, adrenalinico ma anche contraddittorio e pericoloso. Antonelli come Jarno Saarinen e Renzo Pasolini nel 1973, primi nomi di un elenco destinato a rimanere per forza di cose un’eredità pesantissima nella memoria e nel ricordo di tutti. A loro si aggiunsero per quel che riguarda le moto, con gli anni e tra gli altri, anche Noboyuki Wakai, Daijiro Kato e Marco Simoncelli. I numeri purtroppo non calano, anzi aumentano se possibile, rivolgendo uno sguardo anche alle quattro ruote e più nello specifico alla Formula 1. Una lunga lista di tragedie cominciate nel 1953 con Chet Miller alla 500miglia di Indianapolis, e che arriva fino al “divino” Ayrton Senna e al suo schianto alla curva del Tamburello datato 1994. Nel mezzo un totale di ventinove nomi, tra cui quello di Gilles Villeneuve ma anche dei nostri Luigi Musso, Lorenzo Bandini e Riccardo Paletti, che raccontano storie e sogni infranti, nascondendo tragedie e tanti interrogativi. Nelle ultime settimane la morte è tornata grande protagonista sulle pagine e nei commenti di chi, come noi, racconta innanzitutto una passione. Il 23 giugno Allan Simonsen perde la vita, oltre che il controllo della sua Aston Martin, in prossimità della curva Tertre Rouge nel corso della 24Ore di Le Mans. Una settimana dopo è la volta di Andrea Mamè, 41enne pilota milanese coinvolto in un incidente fatale nel corso del primo giro del Super Trofeo Blancpain Lamborghini. Altri sette giorni ancora e la stessa sorte è toccata, lo scorso 8 luglio, a Maurizio Zucchetti, 52 anni, deceduto nel corso della tappa di San Severino Marche del campionato italiano di motorally, investito dalla sua stessa moto che si è ribaltata in salita, schiacciato da quella voglia di sentirsi ancora più veloce degli altri che non conosce limiti o età. Andrea Antonelli è solo l’ultimo di una lista di campioni, o aspiranti tali, macchiata dal sangue ancor prima che dalle polemiche. Le interpretazioni approssimative di un regolamento che scandisce istanti e frammenti della vita di ciascun pilota lasciano, inevitabilmente ed ogni volta, spazio al silenzio e al dolore. Ha ragione Melandri a richiedere maggior attenzione e cura delle norme di sicurezza. Non è facile impedire al destino di fare il suo corso, ma in alcuni casi vorremmo convincerci che qualcuno, forse, potrebbe anche provarci.

Editoriale

Mercato all’italiana

 

di Filippo Gherardi

 

Giro di boa, calendario alla mano, per quel che riguarda il 2013 del mercato automobilistico, e rivolgendo uno sguardo ai dati emersi dopo i primi sei mesi dell’anno in Italia le cose sembrano ancora lontane da una ripresa concreta e positiva. Partendo dalle cifre diffuse e relative all’ultimo mese di giugno, ci accorgiamo di come il segno meno rimanga una non proprio piacevole costante nel rapporto, rispetto a dodici mesi fa, delle vendite di tutti i principali gruppi automobilistici. Poche le eccezioni, come ad esempio Renault (+6,77%), Nissan (+12,59%) e Ford (+18,37%). Il calo generale delle vendite, tra giugno 2012 e giugno 2013, si stanzia su un 5,51%, per un totale di 122.008 veicoli venduti contro i 129.118 di un anno fa. Le cose non migliorano, affatto, se si allarga il raggio di analisi all’ultimo semestre. Da gennaio a giugno si registrano 731.203 unità vendute, mentre nei primi sei mesi di un 2012 comunque, di per se, non proprio esaltante i numeri si stanziavano sulle 815.213 unità. Percentuale del calo: il 10.31%. Entrando anche in questo caso nel dettaglio di ciascun costruttore, trovare bilanci positivi rimane difficile quanto cercare un ago in un pagliaio. Sempre Renault manda in archivio una crescita dello 0,07%, anche se il bilancio complessivo del gruppo rimane con segno meno. Mercedes è migliorata di un 2,36% rispetto ai primi sei mesi del 2012, mentre BMW, penalizzata nella variazione del gruppo dal calo di Mini, si stanzia con il proprio marchio in leggero rialzo con un + 0,24%. Le altre, ed uniche, note “non dolenti” arrivano da Land Rover (+8,55%) e dal gruppo Jaguar Land Rover (+4,73%). Per il resto, la crisi non molla nessuno e penalizza le virate di tutte le altre case automobilistiche, Fiat in primis. Ad un mercato che non cresce si abbina, parallelamente, un mercato che sta cambiando anche i propri connotati. A e B, sempre numeri alla mano, sono i segmenti maggiormente in quota, mentre dal D in giù si fatica a trovare spunti incoraggianti. Crossover e piccoli monovolume si confermano i modelli che più di ogni altro si stanno provando a caricare sulle spalle il rilancio, in termini di mercato delle quattroruote, del nostro paese, mentre si registra, ed è impossibile non sottolinearlo, un calo evidente negli ultimi mesi per quel che riguarda le vetture benzina, diesel ed anche Gpl, a vantaggio, seppur ancor relativo, dei modelli a metano, ibridi ed elettrici. Quest’ultimi, tutti rigorosamente in crescita.

IndyCar Pocono (Dixon)

IndyCar: la rivolta di Pocono

 

di Filippo Gherardi

 

Il neozelandese Scott Dixon, del Team Ganassi Racing, ha vinto il Pocono IndyCar 400, diventando l’ottavo vincitore diverso su undici gare disputate nella IndyCar 2013. Sul tracciato di Long Pond, in Pennsylvania, Dixon si è imposto al termine di centosessanta giri emozionanti e precedendo, nell’ordine, lo statunitense Charlie Kimball e il britannico Dario Franchitti, per un podio che consegna una strepitosa tripletta al team Ganassi. Un exploit incredibile ed inaspettato per la squadra del duo Ganassi-Sabates, sin qui a secco di vittorie nelle prime dieci uscite della stagione. Quarto posto per un redivivo Will Power del Team Penske, quinto un sorprendente Josef Newgarden del team Sarah Fisher Hartman Racing. In una gara che ha fatto, letteralmente, strage di big, chi si salva a giochi fatti è l’attuale leader del campionato Helio Castroneves. Il brasiliano del Team Penske chiude solo in ottava posizione, alle spalle anche di Simon Pagenaud e Justin Wilson e senza essere mai stato davvero competitivo, tuttavia i suoi diretti avversari fanno peggio di lui e pertanto il fine settimana di Castroneves va comunque in archivio con un bilancio positivo. Passando proprio agli altri attesi attori protagonisti di questa IndyCar 2013, partiamo dall’altro brasiliano Tony Kanaan del Team KV Racing Technology che dopo una gara vissuta in gran parte nelle prime posizioni, in cui figurano anche quindici passaggi in testa alla corsa, chiude sotto la bandiera a scacchi con una deludente tredicesima posizione finale. Peggio ancora, malgrado le premesse, il Team Andretti Autosport. I piloti della scuderia di Michael Andretti erano andati alla grande nel corso delle qualifiche, con Marco Andretti capace di strappare la pole position davanti, appunto, ai suoi due compagni di squadra Ryan Hunter-Reay e James Hinchcliffe. Poi, però, la gara ha riservato ben altri scenari. Il primo a lasciare punti, pesanti, sull’asfalto di Pocono è stato James Hinchcliffe, fuori senza nemmeno aver percorso un giro dell’ovale. Finisce, invece, dopo centoventuno tornate la corsa del campione in carica Ryan Hunter-Reay, fuori per un incidente. Ancora più amaro in bocca per Marco Andretti, che dopo la pole mette a referto addirittura ben ottantotto giri davanti a tutti, per poi finire in una più che anonima decima posizione finale. A questo aggiungete anche il ritiro, al centoquattresimo giro, per il “quarto moschettiere” E.J. Viso. A sorridere, a posteriori, è quindi e soprattutto Helio Castroneves, a cui il pazzo fine settimana di Pocono non costa (come invece molti immaginavano alla vigilia) la leadership del campionato, ancora ad appannaggio del pilota di San Paolo con 356 punti, ventitre in più rispetto a Ryan Hunter-Reay (333) e cinquantacinque rispetto a Marco Andretti (301). Si torna tutti in pista tra una settimana con il doppio appuntamento (13-14 luglio) con l’ Honda Indy Toronto.

Editoriale (Pirelli-Mercedes)

Tanto rumore per nulla

 

di Filippo Gherardi

 

Tuonò tanto che (non) piovve. La FIA, o meglio il Tribunale Internazionale incaricato dalla stessa di garantire e tutelare il mondiale di F1 ed il suo regolamento sportivo, ha assolto sia la Mercedes che la Pirelli per quel che riguarda l’ormai famosa vicenda rinominata “Testgate”, e più nella fattispecie riferita ai test effettuati di comune accordo dalla scuderia tedesca ed il fornitore ufficiale di pneumatici tra il 15 ed il 17 maggio scorso sul circuito di Barcellona ed in cui la Mercedes ha utilizzato, a differenza di quanto invece è previsto dal regolamento, le monoposto di questa stagione attualmente in corso. Sì, certo, Ross Brawn e soci, così come la Pirelli, hanno ricevuto un’ammonizione, o reprimenda se preferite, sommata (solo nel caso della Mercedes) all’esclusione dai prossimi young test che si terranno a Silverstone a metà luglio. Insomma, praticamente nulla. “Mercedes e Pirelli hanno agito in buona fede per quanto riguarda il test incriminato, pure traendo un indubbio vantaggio sportivo” – tuttavia, prosegue sempre la motivazione ufficiale di questa sentenza – “una punizione più severa non è arrivata perchè da quanto sostengono i giudici non c’è stata intenzionalità nel violare i regolamenti nel disputare un test segreto”. Benissimo, tutto chiaro. Quello che rimane leggermente più complicato da capire è: riconosciuta l’irregolarità, sotto forma di violazione del regolamento sportivo, che la FIA stessa ha subito voluto sottolineare sin dal primo giorno d’udienza, non sarebbe stato comunque necessario intervenire con una sanzione più netta? Nelle ore precedenti al verdetto la forbice di possibili sanzioni era talmente ampia da oscillare da una possibile multa fino, addirittura, alla sospensione per la Mercedes da alcuni gran premi. A giochi fatti: ci troviamo davanti ad un abbaglio clamoroso da parte dei tanti addetti ai lavori o un’interpretazione difficilmente comprensibile del rapporto tra “volontarietà” e “scorrettezza” da parte del Tribunale Internazionale? Le perplessità non mancano, e rimarranno a lungo, tra cui quelle di Cris Horner e di tutta la Red Bull, principali protagonisti sul banco degli accusatori, ma anche quelle di chi, in fin dei conti, rimane ancora convinto che se la Mercedes non avesse dominato l’ultimo Gran Premio di Montecarlo, una settimana esatta dopo i test incriminati, forse nessuno avrebbe mai sentito parlare di questo “Testgate”.

Foto Editoriale

Tutti in riga

 

di Filippo Gherardi

 

Definizione di dominatore: Colui che si impone sugli altri. Ma anche, più semplicemente: predominante, prevalente o padrone. Una parola per un concetto, quello che negli ultimi anni, in Formula 1, sembra sposarsi alla perfezione con Sebastian Vettel. Dopo tre anni in cui il “cannibale di Heppenheim” è stato sì insignito dell’alloro di campione del mondo ma anche spesso, forse troppo spesso, apostrofato come un buon pilota nelle mani di una scuderia geniale e rivoluzionaria capace di assegnargli una macchina praticamente perfetta, oggi, dopo l’impressionante facilità con cui Vettel ha dominato il Gran Premio del Canada, è giusto toglierci il cappello solo, e soltanto, dinnanzi a lui. Il gap tra la Red Bull e le altre scuderie quest’anno si è senza dubbio ridotto, lo dicono i risultati e lo confermano i tempi, tuttavia lui rimane lì, in testa alla classifica, con un margine di trentasei punti di vantaggio sul secondo della classe, un certo Fernando Alonso, che sembra quasi un’esagerazione se consideriamo proprio il profilo degli avversari e che la stagione è cominciata da appena sette gare. Sì, certo, su questo distacco pesa come un macigno il ritiro dell’asturiano nel Gran Premio di della Malesia, vinto proprio da Vettel, ma è anche vero che il tedesco ha sin qui messo a segno tre vittorie, un secondo, un terzo e “solo” due quarti posti. Una costanza impressionante e difficile da trovare altrove, che sbiadisce soltanto dinnanzi ad un carattere, il suo, di rigoroso profilo teutonico. Lo stesso che ha fin qui permesso a Vettel di rimandare ogni volta al mittente provocazioni (molte delle quali, di natura dialettica, sferrate dai suoi stessi avversari), pressioni (due mondiali vinti all’ultima gara) e critiche (la vittoria in Malesia e il contestato sorpasso al compagno di squadra Webber sono ancora di fresca memoria). Vettel è il più forte di tutti in questo momento. Con buona pace di Alonso, Hamilton, Raikkonene Rosberg, tra le speranze di chi si augura, Ferrari in primis, che il suo regno sia inversamente proporzionato alla sua giovane età (ventisei anni il prossimo luglio ndr). Differentemente, il dominatore continuerà a riscrivere la storia sua e di questo sport.

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Tecno auto

 

di Filippo Gherardi

 

Dal 22 al 26 Maggio si è svolto presso i padiglioni della Fiera di Bologna, location ormai consolidata delle grandi manifestazioni motoristiche made in italy (MotorShow in primis), l’Autopromotec 2013, la rassegna biennale che racchiude al suo interno il meglio delle proposte europee, e non solo, in termini di attrezzature, componenti e servizi per tutto ciò che ruota intorno all’universo delle due e quattro ruote. Ancora prima di aprire i suoi cancelli a pubblico ed addetti ai lavori la venticinquesima edizione dell’Autopromtec si era già guadagnata l’appellativo di “edizione dei record”, considerando che rispetto a quelle che l’avevano preceduta quest’ultima ha vantato un numero ancora maggiore di espositori e di metri quadrati (e padiglioni) occupati. Nel primo caso stiamo parlando di ben 1512 espositori complessivi provenienti da tutto il mondo, 62 in più rispetto a quanti avevano preso parte all’ultima kermesse datata 2011. Nel secondo caso, invece, giusto ricordare e sottolineare l’apertura al pubblico anche dei padiglioni 14 e 15, per un totale di 20.000 metri quadrati in più dedicati esclusivamente al settore della diagnosi, uno dei piatti caldi dell’ultimo Autopromotec. Noi di Professione Motori abbiamo partecipato, e girato tra i vari stand, proprio in occasione della giornata inaugurale, riportando con l’ausilio delle immagini e all’interno del nostro format televisivo le testimonianze dei vari manager espositori, i veri e grandi protagonisti dell’evento. Abbiamo quindi potuto osservare da vicino le tante novità proposte, dalle nuove batterie per veicoli commerciali della Fiamm, alla gamma prodotto di casa Rhiag che festeggia il suo primo decennio lanciando un’ampia offensiva di accessori del suo marchio esclusivo Starline, oltre all’innovativo sistema WebGarage che permette all’automobilista di conoscere in anticipo costi d’intervento della manutenzione e quindi, di conseguenza, di prenotare il proprio tagliando in officina. In entrambi i casi (Fiamm e Rhiag) ci trovavamo nel blocco di padiglioni 16-18-21, quelli dedicati a Ricambi, Componenti e Car Service. Detto, in apertura, che ai numeri 14 e 15 a farla da padrona sono state le attrezzature per la diagnostica, tra cui spiccavano i prodotti firmati Bosch e il nuovo Axone 4 Mini proposto dalla Texa, erano in totale altri tre i blocchi espositivi. C’era quello riservato a Pneumatici, Attrezzature e Cerchi in lega (19-20-22) e nel quale è impossibile non menzionare i nuovi cerchi della Mak, studiati per vetture di fascia medio-alta come Porsche, BMW, Mini ma anche Audi, Mercedes ed Alfa Romeo, e tra cui spicca il “Fatale”, eletto al Salone di Ginevra dello scorso Marzo come ruota di “miglior design”. Sempre in  “zona” pneumatici, Yokohama ha proposto il suo nuovo V105, adatto per auto sportive e dalle alte prestazioni, mentre Continental ha risposto con il suo ContiPremiumContact 5. Padiglioni 25 e 26 dedicati ad Attrezzature e Prodotti per carrozzeria, con esposizioni più tecniche e specializzate il più delle volte accompagnate da vere e proprie dimostrazioni, da parte di marchi che variavano da realtà più locali ad altre di livello internazionale. In chiusura il padiglione 29, e parzialmente il 30, invaso di attrezzature per il sollevamento e per l’officina, con la gamma di ponti a forbice prodotti da OMCN, già sviluppati con la nuova tecnologia 3D, in prima linea ma anche in buona compagnia, come dimostrano non ultimo le nuove tecnologie lanciate dal marchio tedesco Herrmann. Tredici padiglioni espositivi, in cui va sommato anche il 36 dove (insieme a  parte del 25) erano protagonisti utensili e compressori, ma anche quattro differenti aree dimostrative che inevitabilmente hanno catturato l’attenzione dei più curiosi. Nella 42 spazio ai pneumatici:  cambio, sostituzioni e tanto altro. Nella 44 invece ecco il mondo dei robusti Truck, enormi bestioni tirati a lucido per l’occasione ed in cui la parte del leone è senza dubbio per il marchio Iveco che nel suo stand fa bella mostra dello Stralis, eletto Truck of the Year 2013. Area 45 con ancora mezzi Iveco protagonisti, ma in questo caso per quel che concerne le attrezzature per il soccorso stradale, mentre nell’Area 48 era davvero difficile pensare di non bagnarsi visto che esposizioni e dimostrazioni riguardavano il mondo e le aziende del Car Wash.

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Indycar: Hunter Reay è “Mr. Alabama”

 

di Filippo Gherardi

 

Secondo appuntamento stagionale in archivio per quel che riguarda il campionato 2013 di Formula Indy. Dopo il successo del canadese James Hinchcliffe in occasione della gara di debutto, lo scorso 24 Marzo a St. Petersburg, tra i tornanti del circuito permanente del Barber Motorsport Park di Birmingham, in Alabama, è stato il campione in carica Ryan Hunter Reay a terminare la corsa davanti a tutti e a riuscire nell’accoppiata pole-vittoria finale. Il pilota statunitense prende il largo sin dalla partenza, agevolato anche dal guasto “pronti-via” che fa perdere posizioni alla vettura dell’australiano Will Power, secondo in griglia e vincitore delle ultime due edizioni del Grand Prix di Alabama. Con Power attardato e costretto ad affidarsi a pit stop e strategie azzardate nel disperato tentativo di recuperare posizioni in classifica, le insidie maggiori per Hunter Reay, la sua Dallara Andretti Autosport e il suo primato in solitario arrivano dal neozelandese Scott Dixon, team Ganassi Racing e al terzo podio consecutivo su questo tracciato, e dal brasiliano Helio Castroneves, Team Penske e vincitore nel 2010, che chiudono rispettivamente al secondo e terzo posto finale. Quarto al traguardo l’americano Charlie Kimball, quinto uno sfortunato e combattivo Will Power, sesto il francese Simon Pagenaud, autore di una bella rimonta dopo che aveva iniziato la gara con il tredicesimo posto in griglia di partenza. Chiude soltanto al decimo posto invece l’altro francese, debuttante assoluto, Tristan Vautier che nelle qualifiche ufficiali aveva fatto segnare un ottimo terzo tempo generale alle spalle di Hunter Reay e Power. Va ancora peggio a James Hinchcliffe, vincitore come detto nella prima gara a St. Petersburg, rilegato in decima fila sulla griglia di partenza e costretto al ritiro anticipato dalla gara dopo un incidente, un tamponamento a voler essere esatti, subito da parte dello statunitense Graham Rahal. Rivolgendo uno sguardo alla classifica, quanto mai parziale dopo appena due gare su sedici disputate, in testa troviamo il brasiliano Castroneves con 79 punti, seguito a quota 70 da Dixon e a 66 da Hunter-Reay. Quarto posto in classifica per Andretti (settimo al traguardo nel Grand Prix di Alabama ndr) con 61 punti complessivi in cascina, quinto il canadese Hinchcliffe che rimane fermo ai 56 punti conquistati a St. Petersburg. Prossimo appuntamento con la Formula Indy 2013 fissato per il 21 di Aprile, quando a Long Beach si svolgerà la trentanovesima edizione del Toyota Grand Prix.

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Volkswagen, la nuova Tiguan si fa in tre

 

di Filippo Gherardi

 

Dopo aver invaso il mercato con ben 600.000 unità prodotte dalla sua nascita (2007) fino ad oggi, calandosi a pieno titolo nei panni di protagonista assoluta di un segmento, quello dei SUV, in costante crescita tanto in Europa quanto nel resto del mondo, la Volkswagen Tiguan è pronta ad incrementare notorietà e numeri con il lancio della sua nuova versione previsto per il 2014. Si tratterà di un modello innovativo rispetto ai precedenti ma che, tuttavia, ripartirà anche da importanti punti fermi come, ad esempio, lo stesso design esterno utilizzato nell’ultima Golf e la medesima piattaforma modulare, MQB, presente già su altri modelli del gruppo tedesco. Inalterate anche le dimensioni, malgrado l’introduzione di un pianale nuovo che comporterà anche una notevole riduzione del peso. La novità assoluta è rappresentata invece dalle due varianti che affiancheranno quella classica, e nello specifico stiamo parlando di un modello coupé più compatto e sportivo, omologato per ospitare solo quattro passeggeri, ed uno più capiente e versatile. Inedita anche la gamma delle motorizzazioni, che dovrebbe presentare sia il nuovo benzina 1.4 TSI da 150 CV che il 2.0 litri diesel TDI da 190 CV, entrambi equipaggiati con la tecnologia “cylinder-on-demand” che permette di disattivare una parte dei cilindri se si desidera ridurre la potenza della vettura, così da ottimizzarne anche consumi ed emissioni. Accanto a loro non è da escludere una propulsione ibrida con l’abbinamento, già presente nei concept svelati negli anni scorsi, di un’unità diesel ad una elettrica.

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Golf suona la settima

 

di Filippo Gherardi

 

Nessuna sorpresa, lunedì 4 Marzo, sotto i  quindicimila metri quadrati di pannelli solari del tetto del PalExpo di Ginevra per l’elezione dell’ “Auto dell’anno 2013”. Vince, anzi, stravince la Volkswagen Golf 7, con la giuria di esperti composta da cinquantanove giornalisti, provenienti da ventitre paesi europei diversi, del settore automobilistico che ha destinato la bellezza di 414 punti complessivi all’ammiraglia di casa Volkswagen. Un successo annunciato e che, forse, ha contribuito a rendere anche irrintracciabili i vertici della casa tedesca tra gli stand allestiti ad hoc durante la due giorni dedicata alla stampa. Alle spalle della Golf 7, secondo posto ex-aequo per la Toyota GT86 e la Subaru BRZ, con 202 punti ciascuno. Un risultato più che positivo e che conferma, una volta di più, la stima e l’affetto in forte e continua crescita del vecchio continente per i prodotti realizzati nel mondo asiatico. Terzo gradino del podio, un po’ a sorpresa, per la Volvo V40 con 189 punti. La vettura svedese si lascia alle spalle, costringendole ad un posto di ripiego fuori dal podio, auto del calibro, seguendo l’ordine di posizione di finale, della Ford B-Max, della Mercedes Classe A, della Renault Clio, della Peugeot 208 e della Hyundai i30. Migliorarsi non è mai semplice, ma sembra che in casa Volkswagen, per quel che riguarda la gamma Golf, abbiano un’inclinazione naturale a riuscirci e, per giunta, con ottimi risultati. La nuova Golf 7, infatti, presenta migliorie importanti già a partire dalle componenti interne, con l’introduzione dei motori common rail e di alcuni nuovi dispositivi elettronici volti a migliorarne sicurezza ed assetto. Novità importanti riguardano anche il design, con la coda posteriore che registra il debutto dei nuovi gruppi ottici rettangolari disponibili anche al LED e le superfici interne cromate in alluminio, oltre ad un volante pieno zeppo di comandi a distanza. Con quest’affermazione, la  Volkswagen Golf 7 succede nell’albo d’oro dei vincitori alla Opel Ampera, eletta miglior auto dell’anno nel 2012.